Quando il piacere di leggere svanisce: lezioni dagli Stati Uniti e dall’Italia
Negli Stati Uniti la lettura per puro piacere sta vivendo un declino senza precedenti. Uno studio pubblicato su iScience, basato su oltre 236.000 interviste raccolte nell’arco di vent’anni, mostra che la quota di persone che leggeva ogni giorno per diletto è scesa dal 28% al 16%. Una tendenza netta e continua, che non risparmia nessuna fascia sociale. In più, i ricercatori hanno rilevato un fenomeno di polarizzazione: chi ama leggere lo fa ancora di più, dedicando più tempo ai libri, ma una parte crescente della popolazione ha smesso del tutto di aprirne uno.
Il quadro americano
Il quadro diventa ancora più problematico se si osservano le differenze sociali. Negli Stati Uniti la diminuzione è più marcata tra chi ha redditi bassi, un livello di istruzione limitato o vive in aree rurali. E anche la lettura condivisa con i bambini, che dovrebbe essere un’abitudine fondamentale per trasmettere il piacere dei libri, resta marginale: solo il 2% la pratica quotidianamente. Tutto questo è indice di come i libri e la lettura stiano divenendo un fenomeno d’élite. Fenomeno che, essendo riservato a chi ha un livello di istruzione elevato, è spesso più soggetto a letture di carattere tecnico. Niente a che vedere, purtroppo, con la funzione educativa che leggere ha per tutta la vita dell’individuo.
Leggere in Italia
E in Italia? La situazione non è identica, ma alcune similitudini sono evidenti. Secondo i dati Istat, poco più di quattro italiani su dieci leggono almeno un libro all’anno. Si tratta di una percentuale che rimane sorprendentemente bassa rispetto ad altri Paesi europei. La lettura è più diffusa tra le donne e tra i giovani, in particolare nella fascia 11-14 anni, ma cala drasticamente con l’età adulta. Anche da noi si registra una forte differenza territoriale: al Nord e al Centro si legge di più, mentre nel Sud le percentuali crollano. Già all’inizio dell’anno l’AIE aveva lanciato l’allarme e la situazione, purtroppo, rischia di aggravarsi.
Un altro elemento comune con gli Stati Uniti è la disuguaglianza legata all’istruzione. In Italia oltre due terzi dei laureati leggono libri, contro meno di un quinto di chi ha solo la licenza media o meno. Il libro resta dunque, anche per il nostro Paese, un indicatore sociale, più che un’abitudine trasversale. A ciò si aggiunge un divario generazionale: mentre i ragazzi leggono soprattutto in formato cartaceo, cresce l’uso di ebook e audiolibri tra i più giovani adulti, segno che la fruizione si sta spostando (per nostra fortuna) anche su canali digitali.
Dove andremo a finire?
Se guardiamo al confronto diretto, la differenza più rilevante è che negli Stati Uniti la lettura quotidiana per piacere sta crollando, mentre in Italia i numeri restano stabili, seppur su livelli modesti. Da noi esiste ancora una base solida di lettori, anche se concentrata in specifiche fasce sociali, e la lettura non è mai stata un’abitudine di massa. Ma i segnali di erosione sono visibili: meno libri nelle case, meno tempo dedicato alla lettura, e un divario che si allarga tra chi legge molto e chi non legge affatto.
Oltre ai rischi già citati prima, c’è il rischio di un aggravarsi della situazione se guardiamo ai giovani. Abbiamo visto che i contenuti digitali come eBook e audiolibri sono in crescita. Ma nonostante questo, il maggior tempo speso dagli adolescenti sugli smartphone (e sui social) rischia di marginalizzare la fruizione del mezzo tecnologico come supporto alla lettura.
Infine, da sottolineare anche le recenti norme relative all’inclusività, con il nuovo European Accessibility Act. Se da un lato si vuole allargare la platea di potenziali “fruitori” dell’eBook, dall’altra si moltiplicano, e non poco, i problemi.