Editoria in crisi irreversibile?
L’editoria in Italia (e anche nel resto del mondo) sta attraversando un grande periodo di evoluzione. La cristallizzazione tipica del settore è stata ormai travolta da 15 anni di social ed evoluzione dei media, ma non si vedono soluzioni all’orizzonte. In tutte le sue variegate e mutevoli forme, l’editoria è in crisi.
L’editoria in Italia: meno copie di giornali e meno testate
Sull’evoluzione dell’editoria in Italia ne avevamo già parlato negli scorsi mesi. Ma il problema sta nei numeri e nei ricavati e investe tutti i principali gruppi italiani. Il primo punto riguarda sicuramente le vendite dei quotidiani in edicola. I dati FIEG parlano chiaro: nel 2005 si vendevano 6 milioni di copie cartacee, nel 2022 si è arrivati a quota 1,5 milioni. Il fatturato è di conseguenza sceso dai 7,2 miliardi del 2005 ai 2,9 miliardi dello scorso anno. È un’analisi piuttosto scontata, anche perché, di pari passo, le persone che cercano informazioni sui canali digitali sono ben 43 milioni.
Ma andiamo più nel dettaglio ad analizzare i ricavi dei principali gruppi editoriali italiani.
RCS Mediagroup attualmente conta 10 quotidiani nazionali e 14 settimanali, oltre a un gran numero di riviste. Per citare i “cavalli di battaglia”, il gruppo è proprietario del Corriere della Sera, de La Gazzetta dello Sport e de Il Mattino. Le riviste sono molte e spaziano da Novella 2000, fino ad arrivare a TV Sorrisi e Canzoni. Il gruppo ha diffuso i dati dei suoi ricavi aggiornati a dicembre 2022. Dal 2018 al 2022, la perdita è stata di ben 130,6 milioni di euro, un calo del fatturato del 13,4%.
Il Gruppo Sole24Ore segna invece un’inversione di tendenza, con un leggerissimo +0,5% di ricavi rispetto al 2021. Fa impressione però notificare che si tratta del primo risultato netto positivo in quattordici anni. Lo stesso gruppo segnala che il tenue segnale positivo è stato ottenuto anche e soprattutto grazie ai tagli del costo del lavoro operati negli ultimi anni.
Negativa anche la situazione per altri gruppi italiani. Caltagirone Editore (Il Gazzettino, il Mattino, il Messaggero) nel 2022 ha registrato ricavi operativi in calo del 3% rispetto al 2021. Cairo Communication registra un calo dei ricavi dell’8,2% rispetto al 2019 e ben del 13,1% rispetto al 2018. Il gruppo sta pensando di riconvertire in soluzioni immobiliari diverse alcuni immobili aziendali per contenere i costi.
Monrif, proprietaria di quotidiani come Il Resto del Carlino, La Nazione e il Giorno (e controllata, tra l’altro, dall’attuale presidente della FIEG Andrea Riffereser Monti), ha visto un calo dei ricavi del 6,5% rispetto al 2021. Il gruppo sostiene i ricavi della parte editoriale con la vendita dei quotidiani cartacei, che pesano per ben l’86,7% del totale, quindi la parte digitale è piuttosto ridotta.
E proprio la FIEG ha espresso recentemente preoccupazione a causa del ritardo del Governo. Il promesso decreto per l’assegnazione delle risorse del “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria” di quest’anno doveva essere emanato entro il 31 marzo.
Pronte le rassicurazioni del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Barachini, che ha annunciato lo stanziamento previsto una volta chiarito bene il quadro della situazione. Gli interventi dovrebbero servire ad attenuare i drastici interventi di riduzione del costo del lavoro che gli editori stanno attuando per far fronte ai mancati ricavi.
L’editoria nel mondo: i casi buzz feed e vice media
Non se la passa meglio il resto del mondo, con due casi che hanno fatto scalpore negli ultimi tempi. Il primo è stato quello di Buzz Feed News. Il sito pioniere e simbolo del giornalismo digitale chiude i battenti, proprio tre anni dopo aver vinto il premio Pulitzer. La divisione news del gruppo Buzz Feed aveva 12 anni e nel tempo aveva svolto importanti inchieste giornalistiche, come il controverso dossier Steel sui rapporti tra Donald Trump e la Russia. Il premio Pulitzer era arrivato nel 2021, con un’inchiesta sulle detenzioni di massa degli Uighuri in Cina. Ma tutto questo non è bastato. Ora il gruppo licenzierà il 15% della sua forza lavoro, ovvero 180 persone, a causa della chiusura della divisione.
Per quanto riguarda il secondo caso, invece, la notizia è freschissima. La famosa media-company canadese Vice, specializzata nel giornalismo digitale, ha dichiarato di essere a un passo dalla bancarotta. Dopo due anni di tentativi (vani) per essere acquistata, Vice sta per presentare istanza di fallimento, con il fondo Fortress Investment Group, il creditore maggiore di Vice, pronto a divenirne il proprietario. Pesano i forti cali dei ricavati delle inserzioni, ma anche la sensazione che il tipo di giornalismo classico stia definitivamente per essere archiviato e che il modello dei social, nonostante la crisi, sia divenuto ormai quello predominante nella percezione (e nell’uso) degli utenti.
Se il giornalismo digitale ha contribuito a mitigare questo fenomeno, i costi per il mantenimento di strutture editoriali è divenuto sempre più grande, complici anche i minori incassi pubblicitari. La crisi si fa dunque sempre più irreversibile. Con l’avvento dell’AI e il conseguente cambio di paradigma informativo degli ultimi 20 anni, un’altra rivoluzione si sta prospettando per il mondo dell’informazione (e dell’editoria). Vedremo se sarà positiva o negativa e soprattutto per chi.