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La Novella Orchidea

Cervelli da X: la cultura dei brandelli visivi

Non saranno i libri a sparire, ma il nostro interesse per loro. Si può riassumere più o meno così l’idea che lo scrittore Gary Shteyngart mise nel suo romanzo “Super Sad True Love Story”. L’opera, pubblicata nel 2010, dipinge un mondo futuro in cui i libri di carta esistono ancora, ma le persone non sono più consapevoli del loro utilizzo e li impiegano come fermaporta. L’immagine potrebbe farci sorridere, ma l’amara realtà è un’altra. Il libro non è più alla base della cultura contemporanea, non gratifica né chi lo scrive né chi lo legge, e soprattutto scompare in fretta.

Maryanne Wolf, neuroscienziata cognitiva della Tufts University, aveva già espresso molta preoccupazione dieci anni fa, chiedendosi se il tempo passato online non stesse provocando una “cultura di brandelli visivi”. Prima di internet, la lettura era lineare. A una pagina ne seguiva un’altra, non c’erano continue interruzioni di banner, video e immagini. Anche se sembra più facile cercare le informazioni con un click, l’enorme mole di distrazioni che ci mette davanti la rete tutti i giorni ha fatto sì che il nostro cervello, negli anni, sviluppasse scorciatoie per orientarsi. Qualche esempio? La ricerca di parole chiave, lo scrolling a fondo pagina, l’apertura e la chiusura veloce di link che non ci interessano.

Il problema è che questa attitudine, alla lunga, ci ha portato a non saper più leggere (e comprendere i testi) come una volta. Andrew Dillon, professore dell’Università del Texas, ha riassunto questo fenomeno: «Passiamo così tanto tempo toccando, schiacciando, linkando, scorrendo e saltando su e giù attraverso le pagine scritte, che quando ci sediamo per leggere un romanzo lo facciamo nello stesso modo: le nostre abitudini quotidiane di linkare, cliccare e scorrere su e giù sono radicate in noi.»

Ma come contrastare questo processo? Semplice a dirlo, meno a farlo: leggendo. Sforzandoci di leggere almeno un po’ ogni giorno, riappropriandoci di quel tempo che passiamo (o buttiamo) con tanta facilità su TikTok. Cercando di finire tutte le righe, senza saltare a fondo pagina dopo il primo paragrafo. Recuperando romanzi impegnativi, che ci stimolino a usare una lingua più ricca, spesso sacrificata online in nome della “democrazia social”. E fondendo due mondi che sembrano così distanti tra loro: quello della carta e quello del digitale.

L’eBook non è mai stato così importante. È il ponte tra il libro cartaceo e gli articoli per abbonati, l’impaginazione perfetta e i link ricoperti di pubblicità, il profumo della rilegatura e l’odore di plastica del nostro smartphone. Forse per questo è così bistrattato: si trova in un limbo tra due opposti, e non trova facilmente una propria collocazione.

Dovremo tutti farci i conti, prima o poi. Avendo a che fare sempre di più con il digitale, è inevitabile che le nostre abitudini cognitive cambino… a patto di non diventare cervelli da X (Twitter).

Classicista di formazione, opero da nove anni nel campo della correzione di bozze, del copywriting e dello storytelling. Coordino tutte le pubblicazioni della collana "La Novella Orchidea" fin dalla sua fondazione e collaboro anche in altri progetti nell'area Social Media Marketing.
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